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L’Aquila 5 maggio 2013

Il 5 maggio 2013 per la prima volta, TUTTI gli storici dell’arte sono invitati a unirsi, senza distinzione tra studenti, professori universitari, dottorandi, insegnanti di scuola o funzionari del Mibac, nella città che è morta alle 3:32 del 6 aprile 2009, mentre alcuni ridevano e si sfregavano le mani.

Come dice la pagina stessa dell’iniziativa (www.laquila5maggio.wordpress.com), dove potrete trovare tutte le informazioni necessarie e il programma della giornata, gli storici dell’arte italiani si riuniranno proprio “a L’Aquila, perché se nella distruzione del monumentale centro della città, devastato dal terremoto del 2009, vediamo l’annullamento della nostra stessa missione culturale civile, sentiamo il dovere di partecipare alla ricostruzione, che sta finalmente e faticosamente ripartendo. Lo stato terribile de L’Aquila, divisa tra monumenti annullati e new towns di cemento, è una metafora perfetta di un Paese che affianca all’inarrestabile stupro edilizio del territorio la distruzione, l’alienazione, la banalizzazione del patrimonio storico monumentale, condannando così all’abbrutimento morale e civile le prossime generazioni.

Gli storici dell’arte vogliono dire con forza che è giunto il momento di ricostruire, e di farlo attraverso la conoscenza : ricostruire, restaurare e restituire alla vita quotidiana dei cittadini il centro dell’Aquila; ricostruire il tessuto civile della nazione; il ruolo della storia dell’arte come strumento di formazione alla cittadinanza e non come alienante dell’industria dell’intrattenimento culturale”.

Una giornata fondamentale per destare questa nazione e l’opinione pubblica che considera la storia dell’arte (ormai strumentalizzata dal potere civile e religioso, banalizzata dai media e sfruttata dall’università) “una escort di lusso della vita pubblica” come saggiamente afferma Tomaso Montanari nell’illuminante testo “A cosa serve Michelangelo?” pubblicato per Einaudi nel 2011.

L’ultimo sforzo editoriale del combattivo professore dell’Università Federico II di Napoli (Le pietre e il popolo, restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane; Minimum Fax) davvero ci spiega con che spirito bisogna recarsi il 5 maggio tra le macerie abbandonate dell’Aquila: non spinti e divisi da ideali politici, ma uniti per la salvezza di una città (metonimia della nazione) che non può, ma sopratutto non deve, divenire la “Pompei del XXI secolo” (Salvatore Settis).

Ancora Montanari afferma chiaramente, concludendo con forza il capitolo dedicato alla città terremotata: “così L’Aquila non è soltanto la metafora dell’Italia, ma rischia di rappresentarne anche il futuro: quello di un paese che affianca all’inarrestabile stupro cementizio del territorio la distruzione, l’alienazione, la banalizzata del patrimonio storico monumentale, condannando così all’abbruttimento morale e civile le prossime generazioni.”

Io non studio storia dell’arte per il semplice amore del bello, la studio felice, ma sopratutto fiero, della mia scelta perché pienamente convinto che sia uno “strumento fondamentale per produrre cultura e cittadinanza”. Quando lo capiranno i politici, gli ingegneri, la società civile che la storia dell’arte non è una “scienza delle merendine” e che stanno giocando a distruggere il patrimonio nazionale, cioè la nazione stessa? Quando?

A presto