La notte incombe su Moncalvo. Nel Marchesato di Monferrato la neve scende copiosamente sui tetti e nelle strade. Guglielmo guarda fuori dalla finestra e si torce le dita ancora sporche di colore. Si aggira nella stanza come una trottola, nella speranza che tutto vada nel verso giusto. La porta della camera si apre e le donne escono per prendere l’acqua calda della brocca sulla stufa. Le urla di Laura riempiono la stanza e scompaiono nel momento in cui la porta si richiude, toccando lo stipite.
Sta aspettando con ansia che si senta il vagito; ma nella sua casa solo urla riecheggiano nelle stanze, fino a diventare un leggero stridore nelle strade dove la neve si posa silenziosa coprendo ogni cosa. Era riuscito a tornare appena in tempo da Torino, dove stava lavorando. I suoi occhi brillavano alla luce delle candele, quando lo sentì. Un vagito sorpassò la spessa porta in legno e raggiunse le sue orecchie. La stessa donna corpulenta che poco prima gli aveva assolutamente vietato di entrare nella stanza, adesso con un sorriso lo invitava ad avvicinarsi.
Una Sant’Anna dai capelli lunghi e neri stava sdraiata a letto. Con un volto pallido per la stanchezza del parto sorrideva ad un essere piccolissimo che di smettere di piangere proprio non ne voleva sapere. Le ancelle sistemavano le brocche e le lenzuola sporche di sangue. Il letto a Baldacchino rendeva il tutto ancora più solenne. Negli occhi di Guglielmo vi era la natività della vergine più bella che avesse mai visto.
E così la rappresentò dopo qualche anno. La nascita della sua Teodora, la sua figlia prediletta, come una nascita della vergine. La stessa Teodora, che con il suo abito da Orsolina, ora sia avvicina al capezzale di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo e con gesto affettuoso bagna la fronte del padre morente. Teodora che adesso si fa chiamare suor Orsola Maddalena e con le sue sorelle (anch’esse suore) gestisce un convento, in realtà una bottega d’arte di una delle pittrici più famose del Piemonte.
E proprio a Orsola Maddalena Caccia la Fondazione Cosso che gestisce il Castello di Miradolo a San Secondo Pinerolo dedica la prima mostra monografica a una delle figure più importanti del Seicento artistico piemontese.
Figlia (come abbiamo già detto) del famoso Gugliemo Caccia detto il Moncalvo, Orsola Maddalena nasce il 4 Dicembre del 1596 nel Marchesato di Monferrato proprio durante i più duri scontri con il Piemonte Sabaudo. Difficile dire con precisione quando inizia la produzione di Orsola. Le prime opere sono facilmente confondibili con quelle del padre, artista influenzato da una pittura manierista di origini romane come quella di Federico Zuccari con il quale lavora intorno al 1605-1608 a Torino. Questa confusione deriva in parte, anche dal testamento del Caccia, dove non viene specificata la paternità di molte opere presenti in bottega e sicuramente realizzate anche dalla figlia., spesse volte è infatti riconoscibile la mano della giovane specialmente nei dettagli decorativi, nei drappeggi, nelle decorazioni.
Nel 1620 insieme ad altre quattro sorelle si reca in convento entrando nell’ordine delle Orsoline di Brianzè, ma la sua lontananza da casa durerà pochissimo. Nel 1625 infatti Gugliemo forse sentendo troppo vicino la morte, chiede di fondare un convento a sue spese, in una parte della sua abitazione, dove potessero risiedere tutte le sue figlie diventate suore. Ma nello stesso anno Gugliemo muore e lascia tutto il suo materiale: colori, tele, strumenti, ma sopratutto bozzetti (presenti in mostra) a Orsola, che nonostante la sua scelta di vita non ha mai abbandonato la pittura dimostrando notevoli capacità artistiche, iniziando da questo momento a sviluppare un linguaggio proprio e uno stile personalissimo, dove dimostra la sua femminilità a confronto del padre, inserendo piccoli ma straordinari brani di natura morta, simbolo questo anche di una notevole conoscenza del gusto e delle nuove tecniche dei suoi contemporanei.
Orsola diviene badessa del convento dal 1627 al 1645 e muore all’età di Ottanta anni nel 1676 dopo aver addirittura realizzato diverse commesse per Maria Cristina, la madama reale, a Torino.
La mostra presenta al pubblico 70 opere (quasi tutte di Orsola), attraverso sette sezioni che corrispondono alle sette sale del percorso espositivo, riuscendo a coprire tutto il percorso cronologico della pittrice, dalle prime opere accanto al padre (principalmente grandi temi religiosi) alle ultime rivisitazioni delle opere paterne.
Straordinaria la sezione dedicata alle sue nature morte, che inaugurano in Piemonte un genere non ancora praticato. Davvero belle e toccanti le composizioni floreali, grazie a bellissimi accostamenti cromatici (di sorprendente bellezza la piccola tavola del “Cardellino con ciliegie e pere”, del Museo civico di Ala Punzone, Cremona) come “l’Alzatina in ceramica con frutta e pernice rossa” di Collezione Privata, attribuita qualche anno fa da Franco Moro alla nostra pittrice e per la prima volta esposta al pubblico, dove la pittrice denota una straordinaria attenzione naturalistica, senza però mai dimenticare l’elemento simbolico e moralistico del genere (rimando alla Vanitas)
La mostra continua al secondo piano con una sala dedicata alle Committenze pubbliche e private e successivamente alle Armonie dipinte (da segnalare in questa sezione il “Matrimonio mistico della Beata Osanna Andresi” del Museo diocesano di Mantova, opera di straordinaria bellezza) per poi concludersi con due sezioni: una deliziosa e “dolce” dedicata alla natività e l’ultima dedicata ai disegni, dove vengono esposti sia quelli realizzati dal padre, sia quelli da Maddalena, per dare la possibilità al visitatore di comprendere i continui rimandi alle opere paterne e l’importanza della sua formazione.
La mostra è davvero ben costruita, poche opere che permettono di comprendere e riscoprire un’autrice davvero interessante, inserite in un percorso espositivo ben organizzato.
Le curatrici (Paola Caretta, Daniela Magnetti) hanno realizzato un ottimo lavoro riuscendo a realizzare in un tempo di crisi come quello che stiamo vivendo, una mostra con ottimo comitato scientifico e che segna un passo fondamentale sugli studi della pittura piemontese nel Seicento in genere, ma sopratutto su una autrice come Orsola Maddalena Caccia che merita maggiore interesse. Una mostra interessante per gli spiecialisti (innumerevoli sono i problemi di attribuzione e i rimandi ad altre opere) sia ai meno esperti, perchè anche senza la presenza delle audio-guide i pannelli integrativi (ottimi) permettono al visitatore di comprendere i motivi dell’esposizione e la bellezza di opere sconosciute la grande pubblico.
Allestimento semplice ma ben fatto: pareti bianche e illuminazione alogena che permette un ottima visione delle opere esposte.
Ottimo è anche il catalogo (prezzo 30 euro) pubblicato da L’Artistica Savigliano Editrice in un unica versione con brossura, anche se non tutte le riproduzioni fotografiche sono eccezionali (si poteva approfittare dell’evento per una campagna fotografica dedicata alle opere in mostra) l’impaginazione è ottima, come ottimo è l’apparato bibliografico. Davvero ben scritti e interessanti tutti i saggi introduttivi in particolar modo: “Metafore dipinte: le nature morte devote di Orsola Maddalena Caccia” di Alberto Cottino (pagina 37) che permette una riflessione sulla presenza di rimandi moralistici presenti nelle nature morte (non semplici rappresentazioni naturalistiche).
In conclusione? Andateci e approfittate del viaggio per una camminata nello straordinario bosco del castello di Miradolo (un luogo magico sopratutto in autunno) recuperato grazie alla Fondazione Cosso che sta realizzando un lavoro superbo grazie anche alla direzione della gentilissima e davvero preparata dottoressa Maria Luisa Cosso, presidente della Fondazione.
A presto
Rò