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Alla ricerca del genio.

Nell’aprile 1913, tra le autorevoli righe della rivista «La Voce» fondata da Giuseppe Prezzolini, si legge:

«Ma v’è un’altra soluzione, più intellettuale questa, e profonda, del movimento. La dobbiamo al pittore Boccioni. La sua dote essenziale, genuinamente artistica è quella di saper portare sopra un piano lirico colla forza della sua calorosissima pittura, quello che resta per molt’altri mero enunciato. […] È ch’egli possiede un senso enormemente dinamico della materia, e trova ogni spediente fantastico per imprimerle moto…» [1]

Queste parole del giovane Longhi – intente ad introdurre l’attività figurativa di Boccioni – ci conducono idealmente e in maniera persuasiva verso la mostra che si sta svolgendo, dal 5 novembre 2016 al 19 febbraio 2017, presso il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto: difatti la rassegna, dipanando il fil rouge di genio e memoria, ci immerge in quello che si potrebbe definire il laboratorio, intellettuale prima artistico poi, di Umberto Boccioni (1882-1916).

La prima sala, posta al centro ideale del percorso espositivo, mostra numerosi materiali testuali e fotografici: dai Diari Giovanili (1907-1908), dove emergono i meccanismi intellettuali del lavoro artistico, all’Atlante delle immagini, indiscusso protagonista e primigenio motore dell’intera rassegna boccioniana. Quest’ultimo, costituito da ritagli di immagini di opere d’arte e di riviste distribuite su grandi cartelle, si presenta come un diario figurativo che documenta sia il legame di Boccioni con i maestri antichi e contemporanei sia le reazioni pubbliche alle manifestazioni futuriste e alle vicende personali legate alle attività dell’artista.

Le successive sezioni espositive ripercorrono in maniera sistematica lo svolgersi di un determinato motivo iconografico, dal Sogno simbolista, in cui si testimoniano le fitte relazioni di Boccioni con artisti del calibro di Previati, Fornara e Romolo Romani, alla Fusione di una forma con il suo ambiente: qui è possibile cogliere l’allontanamento dell’artista dal gusto tipicamente divisionista della Campagna romana (1903) o della Campagna lombarda (1908), memori delle ricerche segantiniane, alla rappresentazione di un paesaggio moderno in continua trasformazione, perfettamente rintracciabile nelle Officine di Porta Romana (1909-10). Dunque, il trasferimento a Milano comporterà una maggiore e sempre più attenzione dell’artista – come sottolinea il comunicato stampa – nella resa della luce e dell’atmosfera, del dinamismo della forma umana e del prolungamento degli oggetti nello spazio, tutto perfettamente testimoniato dal bronzeo Sviluppo di una bottiglia nello spazio (1912) e dal disegno Voglio dare la fusione di una testa con il suo ambiente (1913).

Umberto Boccioni, Tre donne, 1909-1910 Milano, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d'Italia, Piazza Scala

Umberto Boccioni, Tre donne, 1909-1910, Milano, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d’Italia, Piazza Scala

Infine, restano due sezioni, non attigue nel percorso espositivo, ma che si ritengono fondamentali per tracciare quelle che considererei le due ‘anime’ del Boccioni artista: difatti, se la sezione Veneriamo la madre, oltre a mostrare un’adesione più personale e luministica al già ricordato divisionismo, colpisce per la raffigurazione di una dimensione più intima e privata (si vedano Tre donne, 1909-10 e La madre che legge, 1909-10), la sezione Dinamismi sottolinea, invece, lo sforzo di Boccioni di “cercare al di fuori degli ordinamenti consolidati del sistema moderno delle arti […] le ragioni del proprio operare”[2] divenendo così, con infaticabili e simultanee ricerche figurative (si vedano Elasticità, 1912 e Dinamismo di un ciclista, 1913) e plastiche (si veda Forme uniche della continuità nello spazio, 1913), il protagonista indiscusso del linguaggio futurista internazionale. Se per ‘genio’, a livello etimologico, si intende quella forza naturale produttrice o quel principio vivificatore della materia, Boccioni ne è certamente uno degli emblemi nel panorama artistico del Novecento.

Passando all’allestimento, il genio, ahimè, si disperde e il museo si affida a un modulo già ben collaudato: prevalenza del bianco sulle pareti, suddivisione simmetrica ed ordinata dei quadri, spazi vuoti intervallati, in rari casi, da sculture poste al centro della sala. Concettualmente, risulta particolare la dialettica visiva che emerge dalla disposizione dell’ultima sala: al centro la scultura Forme uniche della continuità nello spazio (1913) e sulle pareti, ricreando un ‘puzzle compositivo’, alcuni disegni e studi, forse preparatori, che evidenziano quel ricercato dinamismo che Boccioni va sperimentando nel suo laboratorio futurista. Ad ogni modo il Mart è, nella storia della museologia contemporanea, uno delle architetture più affascinanti, tutti i momenti della ricerca culturale rappresentati in un unico spazio, e in quanto tale sarebbe forse auspicabile spingersi in nuove concezioni espositive per mantenere e ribadire la propria centralità nel panorama internazionale.

Umberto Boccioni. Genio e memoria. – Mart Rovereto – dal 5 novembre 2016 al 19 febbraio 2017 – Allestimento.

Umberto Boccioni. Genio e memoria – Mart Rovereto – dal 5 novembre 2016 al 19 febbraio 2017 – Allestimento.

Il catalogo, edito da Electa e progettato al fine di rappresentare entrambe le rassegne, Milano prima e Rovereto poi, illumina, attraverso due ampi capitoli, le vie di ricerca ripercorse dalle due mostre: il primo, Formazione e fonti, si concentra, contributo dopo contributo, sia sulle relazioni di Boccioni con alcuni dei maestri antichi, tra cui Albrecht Dürer, sia sulla resa di alcune formule iconografiche (ritratto e autoritratto) sia, infine, sugli esiti della sua “consultazione di periodici illustrati”; il secondo, Pratica e teoria, tratteggia con minuzia le ricerche futuriste e il graduale passaggio dalla pittura alla scultura, materiale che più si adattava a raggiungere quel dinamismo tanto studiato. I capitoli Apparati documentari e Disegni del Castello Sforzesco, oltre a chiudere il volume, delineano con particolare chiarezza gli inediti caratteri dell’attività boccioniana, aprendo così possibili e futuri orizzonti interpretativi.

Umberto Boccioni, Autoritratto, 1909 Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

Umberto Boccioni, Autoritratto, 1909
Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

Sul piano strettamente editoriale, non può che considerarsi riuscita la similitudine del catalogo stesso con le dimensioni di alcune delle tavole dell’Atlante, di cui si è descritto in precedenza, che diventano introduzione ideale all’intera lettura, trovandosi proprio riprodotte nelle prime pagine.

Comunque sia, a fine percorso, sospinti dal fulmineo dinamismo del genio boccioniano, una certezza fa da padrona: ecco materializzarsi in un solo colpo il felice connubio tra storia dell’arte e filologia testuale, tra ricerca archivistica e analisi formale. Un colto bibliotecario della Biblioteca Civica di Verona, Agostino Contò, e un’appassionata storica dell’arte del Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, Francesca Rossi, che insieme lavorano per garantire un progresso nella conoscenza del Boccioni sperimentatore. Una mostra che ha le sue ombre, ma proprio per la fortunata, nonché rara, combinazione di competenze, si allontana dal fin troppo facile proposito di batter cassa, costruendo “un percorso analitico concepito filologicamente per appoggiare tale nuovi fonti e farne emergere la portata” con il proposito di precisare “la genesi e il fascino dell’opera di Boccioni in rapporto alle sue molteplici fonti visive, dal disegno alla realizzazione pittorica e plastica, nella sua dimensione privata e pubblica”[3].

E proprio riguardo alle ombre, concludo con la consapevolezza che di memoria si è certamente lavorato, operando un piacevole abrégé della tappa milanese, ma il genio curatoriale sembrerebbe pressoché offuscato: forse, tentando di mitigare l’idea di una pura e poco comprensibile replica, si sono voluti levigare collegamenti fin troppo forzati agli occhi di alcuni, facilitando così gli aspetti più conosciuti di Boccioni. Un’occasione persa a metà? Ai nuovi e ai più affezionati visitatori l’ardua sentenza.


[1] R. LONGHI, I pittori futuristi in «La Voce», V/15, 10 aprile 1913, p. 1053;

[2] A. DEL PUPPO, Dalla pittura alla scultura alla pittura: una sintesi del dinamismo di Boccioni in AA.VV., Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria, Milano, 2016, p. 173;

[3] F. ROSSI – A. CONTÒ, Nuovi strumenti per una mostra di studio in AA.VV., Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria, Milano, 2016, pp. 44-45.


FOTO DI COPERTINA: Umberto Boccioni, Dinamismo di un corpo umano, 1913, Milano, Museo del Novecento.

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