Una buona mostra, frutto di ricerca e studio, possiede un titolo parlante che riassume in se il proprio contenuto e i propri obiettivi. “Alexander Girard: a designer’s universe” (Vitra Design Museum, fino al 22 gennaio 2017) come scrive Michele Roda su il Giornale dell’Architettura, mette in mostra fin dal principio “la scommessa di una mostra che ci ricorda come nell’estetica novecentesca i confini tra design e architettura, tra interno ed esterno, tra contenitore e contenuto siano decisamente labili. E che ugualmente i limiti tra professioni e discipline tendano spesso a scomparire. Almeno nel caso di personaggi esemplari”.
E in effetti Girard (1907 – 1993), nato in una famiglia cosmopolita con radici europee e americane, cresciuto a Firenze, dopo aver studiato architettura a Londra e aver vissuto a New York e Michigan, prima di stabilirsi definitivamente a Santa Fe, è stato uno dei più importanti designer di interni e di tessuti del ventesimo secolo. Eppure tentare di inquadrare un autore così complesso in una così piccola e parziale etichetta vuole dire allontanare dalla comprensione piena una figura eclettica e sfaccettata ancora troppo poco studiata dalla critica.
A porre rimedio a ciò, grazie ad un allestimento curatissimo, ma forse troppo ricco, arriva questa esposizione, dove il visitatore è immerso nella prima mostra monografica mai dedicata all’artista, in cui i suoi giocosi disegni testimoniano una straordinaria passione per complessi giochi cromatici (forse desunti dal futurismo visto e studiato dal vivo nel lungo periodo italiano) e una particolare, quanto gustosa, attenzione all’arte popolare internazionale, che confluisce nella creazione delle celeberrime Wooden Dolls. Allo stesso tempo l’esposizione mette in luce le ispirazioni di Girard e gli autori contemporanei che hanno influenzato il suo universo creativo, come i coniugi Charles & Ray Eames o Eeuro Saarinen.
Tra le opere più note di Girard vi sono il design degli interni della Irwin Miller House a Columbus, Indiana (1957), la propria casa a Santa Fe (dal 1953) e il leggendario ristorante La Fonda del Sol (1960) a New York, dove anche Andy Warhol era un ospite frequente. Nel 1965, per comprendere la complessità di questo genio creativo, Girard sviluppò il completo corporate design per la compagnia aerea Braniff, applicando il suo caratteristico linguaggio visivo, fatto di colori vivaci e modelli popolari, per i biglietti, le aree lounge, e anche gli aerei stessi. Eppure ha anche creato opere particolarmente influenti su una scala molto più piccola, come il suo simbolo dell’amore, motivo grafico che rimane ancora oggi una delle produzioni più note dell’artista.
Anche se il lavoro di Girard è meno noto di quello dei contemporanei di spicco come Charles & Ray Eames, la sua opera ha sperimentato una vera e propria rinascita negli anni più recenti. Il valore spesso dimenticato di questo autore sta nell’aver restaurato ciò che il modernismo classico aveva respinto nel design – colore, decorazione, interni opulenti. Con una ingegnosa facilità ha unito antagonisti apparenti: manodopera specializzata e industria, cultura pop e cultura alta, arredamento giocoso con oggetti di altissimo artigianato, realizzando un linguaggio nuovo e coinvolgente. Osservando Girard con la consapevolezza del presente, si comprende come abbia anticipato molti sviluppi dei successivi decenni: dal linguaggio “colorful” del postmodernismo, agli attuali dibattiti sulla design post-industriale, fino alla globalizzazione della nostra estetica quotidiana.
Un’esposizione ricca e particolareggiata, abbellita da un allestimento creato dallo studio londinese Raw Edges, guidato da Shay Alkalay e Yael Mer. Come Girard, il lavoro del duo è caratterizzato da un appassionato interesse per colori e modelli, che si riversa anche nel corposo catalogo di oltre 500 pagine. La pubblicazione, assai costosa a dire il vero, fornisce un primo testo per gli studiosi dell’opera di Girard, sotto forma di molteplici saggi, una accuarata lista di opere e una biografia completa. Vitra, azienda tedesca da sempre attenta alla valorizzazione della propria storia produttiva e della storia del design mondiale, con un progetto serio e corposo propone ad un pubblico più eterogeneo possibile una mostra di spessore, immergendo i visitatori in quel grandioso mondo che è l’universo Girard.
A presto
Rò
FOTO DI COPERTINA: Design for matchboxes of the restaurant La Fonda del Sol, Alexander Girard, 1960 / Alexander Girard Estate, Vitra Design Museum.