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Murano ha un museo vivo. Vivo come il vetro.

In una recente intervista ad ARTRIBUNE Gabriella Belli, attuale direttrice dei Musei Civici di Venezia, si è autodefinita: “una donna del fare”. Se non si conoscesse il suo operato, si potrebbe quasi pensare che la direttrice di origini trentine si caratterizzi per una particolare,  quasi ingombrante, fiducia in se stessa. Ma Gabriella Belli può permettersi questo ed altro.

Nella calda estate del 2011, per la precisione il 31 agosto, calava il sole sul regno indiscusso di Giandomenico Romanelli diventato direttore dei musei veneziani nel lontano 1979. Dopo trentadue anni di governo dell’ex professore di Storia dell’architettura e dell’urbanistica, di Museologia e storia del collezionismo e di Storia dell’arte presso lo IUAV e l’Università Ca’ Foscari, la Fondazione dei Musei Civici di Venezia (creata nel 2008 per conservare, tutelare, gestire e valorizzare l’immenso patrimonio culturale e artistico della città) si trovava senza un direttore che la guidasse in un gravissimo periodo economico. Come giustamente scrive Paolo Marella sempre su Artribune: “chiunque fosse stato scelto, avrebbe avuto davanti a sé una sfida difficilissima: sorreggere l’eredità pesante del mandato Romanelli e rilanciare una fondazione (quella dei MuVe) che non navigava in buone acque”. Un compito certamente non facile, da affidare ad una persona dotata di forte spirito di iniziativa ma soprattutto di straordinaria capacità organizzativa. Dopo alcuni nomi la scelta non poté non ricadere sulla donna che alla direzione del Mart di Rovereto si era meritata (per il carattere autoritario e il suo fare principesco) il soprannome “azzeccatissimo” di zarina.

L’arrivo della Belli a Venezia ha significato una ventata di aria fresca e nuova linfa per un sistema musei che nella Disneyland veneziana stava ormai languendo. La zarina ha avviato un prestigioso programma di restauro e rivatilizzazione delle sedi museali con interventi più o meno corposi che hanno portato luce nuova ad alcune preziose sedi museali dimenticate dal grande pubblico. Prima il riallestimento della quadreria, la riapertura del percorso di Sissi e l’ampliamento e riallestimento della Caffetteria al Museo Correr nel 2011, poi il nuovo impianto luci a Ca’ Rezzonico sempre nel 2011 e a seguire le nuove esposizioni permanenti di Ca’ Pesaro e il totale rinnovamento di Palazzo Mocenigo in partnership pubblico/privata nel 2013 con i  nuovi percorsi dedicati al profumo e restauro apparati decorativi.

Coppa Barovier Vetro soffiato blu dipinto in smalti policromi e oro, con due medaglioni incornicianti due busti, uno femminile e uno maschile, tra due scene,  la cavalcata ed il bagno alla fontana dell’amore o della giovinezza Venezia 1460-1470 c. Museo del Vetro, Murano

Coppa Barovier
Vetro soffiato blu dipinto in smalti policromi e oro, con due medaglioni incornicianti due busti, uno femminile e uno maschile, tra due scene,
la cavalcata ed il bagno alla fontana dell’amore o della giovinezza
Venezia
1460-1470 c.
Museo del Vetro, Murano

Il 9 febbraio, di questo sventurato 2015, la Belli ha portato a compimento l’ultimo gioiello di questa lunga impresa, inaugurando il Nuovo Museo del Vetro di Murano, il secondo più visitato della lunga lista appartenente alla Fondazione. Spazi espositivi quasi raddoppiati, un progetto museografico totalmente rinnovato, allestimenti e percorsi ridisegnati, nuovi servizi per il pubblico, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la messa in opera di due ascensori, la possibilità di esporre parti della collezione finora rimaste nei depositi e di realizzare eventi legati anche alla creatività più attuale, rendono il Museo del Vetro un vero gioiello di straordinario valore. Un grande intervento realizzato con le sole forze interne alla Fondazione essendo infatti curato da Chiara Squarcina su progetto museografico della già citata Belli con il superlativo allestimento della grande Daniela Ferretti. Il grande cantiere non solo ha coinvolto le storiche sale di Palazzo Giustinian (dove il museo ha sede dal 1861), senza per altro mai chiudere totalmente al pubblico, ma anche un’ampia zona della ex fabbrica di perle di vetro adiacente il giardino del museo. All’interno di questo spazio profondamente trasformato trovano ora sede, nelle nuove enormi e bianchissime sale, gli spazi per le mostre temporanee come quella dedicata a Luciano Vistosi con la quale ha inaugurato il Museo e sopratutto un piccolo spazio chiamato “onda del tempo” in cui, attraverso un particolarissimo allestimento immersivo, una cinquantina di opere scelte dall’età romana al Novecento introducono al mondo del Vetro  “esemplificando in maniera suggestiva le tappe salienti della storia vetraria di Murano”.

Da qui inizia la visita/scoperta, passando prima nel grandioso Portego (salone centrale) del palazzo, dedicato a quella che potremmo definire la Golden Age della produzione muranese ovvero il quattro e cinquecento, dove fa bella presenza di se la straordinaria Coppa Barovier (mia personale ossessione nell’esame universitario di Storia dell’arti applicate e straordinario esempio di coppa decorata a smalti policromi fusibili), per poi accedere ad un suggestivo spazio dedicato ai vetri di epoca romana. Seguono “le mode e la creatività del settecento, con il complesso Trionfo, appartenuto alla famiglia Morosini” e gli spazi dedicati all’inizio Ottocento con un focus su perle veneziane e murrine, per arrivare alle ultime sale della grande rinascita del vetro muranese tra fine ottocento e inizio novecento con “le geniali creazioni di Vittorio Zecchin, Archimede Seguso, Alfredo Barbini, Carlo Scarpa e Napoleone Martinuzzi“. Un viaggio nel vetro che stupisce ed emoziona, grazie ad un allestimento curiosissimo e a spazi accoglienti e mai commerciali.

2015-02-07 13.45.20Ma il viaggio nel nuovo museo del vetro emoziona solo in parte per il nuovo allestimento, ed è per questo che ho aspettato circa due mesi prima di scrivervi di questo luogo. Durante la conferenza stampa di presentazione Gabriella Belli lo ha ripetuto più volte: “la vera forza del Museo è quella di essere strettamente collegato al territorio, di essere parte fondamentale e risultato ovvio della sua storia”. Ho veramente capito queste parole nel pomeriggio di quel giorno di febbraio sotto il tiepido sole della laguna e l’ho capito quando ho “intervistato” la signora Maria, commessa di un piccolo panificio di Murano. Mentre mangiavo pezzi di un divino Bussolà forte e deliziosi zaleti ho ascoltato la sua storia. Figlia di maestri vetrai, moglie di un vetraio e madre di un vetraio, Maria mi ha raccontato la crisi di un arte preziosa e unica. Le fornaci storiche in cui per tanti anni suo padre aveva realizzato pezzi unici e dove suo marito aveva insegnato al primo figlio la durissima e fragilissima arte del soffio creatore del vetro ora sono spente. I suoi figli hanno lasciato l’isola e vive sola con il marito, lavorando in un panificio che sforna deliziosi prodotti per una cittadina quasi deserta. A Murano gli splendori dei negozi veneziani per ricchi turisti mordi e fuggi non ci sono, come non si vedono i lussuosi alberghi di una città che sta cancellando a ritmi vertiginosi la propria identità. Tra le strade semi deserte si ripetono, in tristissima successione, negozi di souvenir in vetro soffiato dove spesso i turisti acquistano “oggetti di produzione cinese senza nemmeno rendersene conto”. Maria durante la nostra chiacchierata,  rigorosamente in dialetto veneto,  ha aperto le braccia più volte e ha quasi pianto. Mi ha detto che a questa crisi lei non vede rimedio, e i fattori sono tanti: il prezzo del gas non competitivo, nessun ricambio generazionale, pochissime vetrerie rimaste, una popolazione in continua decrescita, troppi vincoli ambientali che dovrebbero difendere la fragile laguna ma che frantumano la tradizione vetraria a favore dei grandi produttori esteri. Maria non ha mezzi termini e non si nasconde: “controllano in maniera rigorosa l’acqua residua delle lavorazioni del vetro, accusandoci di inquinare la laguna e poi ogni giorno vedo passare quei bestioni bianchi distruttori de la mia tera” (le famose grandi navi da crociera). “Credono” continua Maria “che il futuro di questa isola sia quello turistico, ma io gli dico che il vero futuro, quello che ci farebbe mangiare tutti, compresi i miei figlioli che vivono in terra ferma, è la produzione del vetro” Si ricorda il Museo del Vetro da quando era bambina e mi dice che è una gioia vedere giovani come me attraversare l’isola per vistarlo.

Una vetrina del Nuovo Museo del Vetro.

Una vetrina del Nuovo Museo del Vetro.

Il vaporetto per San Marco l’ho già perso una volta. Sono tornato indietro dalla signora Maria per attendere il successivo e fare due chiacchiere e ne ho persi altri quattro. Le sue storie personali si intrecciano a quelle di Murano e del vetro e ascoltarla è una gioia per il cuore e un dolore per l’anima. Dice che Lei non sa ancora fino a quando vivrà su questa isola, in mezzo alla laguna, che forse chiuderà il suo forno dopo l’estate. Mi saluta raccontandomi quello che il marito gli dice ogni mattina: “per realizzare il vetro ci vogliono questi” e si batte il petto ad indicarmi i polmoni, “ci vuole la vita che sta nell’aria e nel respiro. Il vetro xe come l’argilla di nostro Signor, che per dare vita a noi ci ha soffiato il suo alito dentro. Il vetro è vivo e respira come noi. Il museo del vetro è bello perché attraverso il vetro parla di noi muranesi, noi che siamo ancora vivi, noi che respiriamo e con il respiro facciamo il vetro, noi che respiriamo per lavorare”. Il museo del vetro ha un nuovo allestimento, nuove sale espositive, nuovi servizi e nuove opere esposte. Ma non è questo che deve attrarvi. No. Hanno ragione la zarina Gabriella Belli e la Signora Maria. Deve attrarvi il fatto che Murano ha un museo vivo, vivo come il vetro.

A presto

Rò.


FOTO DI COPERTINA: Alzata su piede in vetro acquamare con decorazione applicata in paglia, Murano, Probabilmente metà XVI secolo, Museo del Vetro, Murano

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