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El Greco formato complesso.

Il curatore di una mostra è come un cuoco. La sua firma metodologica è distinguibile tra mille. Il suo cervello guida e fattore del percorso si intravede sempre: dalle opere scelte fino al loro allestimento. Ed è impossibile non vedere la mente di Lionello Puppi nella mostra “El Greco in Italia. Metamorfosi di un genio”, allestita nelle buie sale della Casa dei Carraresi a Treviso e visibile al pubblico fino al 10 aprile 2016, che riassume cinquanta anni circa di ricerca del professore emerito di Ca’ Foscari, uno dei maggiori studiosi al mondo dell’autore greco e uno dei più esperti del suo periodo giovanile.

El Greco, San Demetrio - Dipinto su tavola - 27,4x21,9x2,6cm (spessore cornice: 0,4cm) - Firmato - Databile 1565/66 - Collezione Privata

El Greco, San Demetrio – Dipinto su tavola – 27,4×21,9×2,6cm (spessore cornice: 0,4cm) – Firmato – Databile 1565/66 – Collezione Privata

Dedicata, infatti, al decennio tra il 1567 e il 1576 la mostra indaga (grazie anche ad un comitato scientifico internazionale di discreto livello, come non si vedeva a Treviso da anni ormai) una fase fondamentale della vita dell’autore greco, troppo spesso dimenticata e sottovalutata. Ma la formazione di Domínikos Theotokópulos non è assolutamente affare da poco: è in Italia che il pittore si trasforma nell’artista che le mostre, in Grecia e in Spagna, in occasione del quarto centenario della morte (Toledo, 1614) hanno celebrato. Non è certo un caso che il sottotitolo dell’esposizione trevigiana sia “metamorfosi di un genio”. Attraverso quattro macrosezioni (corrispondenti ai viaggi dell’artista) Puppi chiarisce a piccoli passi, a volte troppo complessi per uno spettatore meno preparato, la trasformazione di El Greco e della sua produzione.

Nato nel 1541 a Candia nell’Isola (allora veneziana) di Creta, il giovane pittore di fede ortodossa si forma come pittore di icone sulle stile veneto-cretese, accanto ad artisti del calibro di Michael Damaskinos e Georgios Klontzas (ambedue coinvolti nelle decorazione della Chiesa di San Giorgio dei Greci), vere e proprie “star” di quel linguaggio periferico dell’arte bizantina. Due pittori che non hanno timore di creare secondo la “divota maniera greca“, per poi sperimentare un linguaggio pienamente afferente alla maniera moderna della madre patria. Domínikos cerca di unire le due strade, rinnovando il linguaggio pittorico veneto-cretese e avvicinandolo, come si vede nel bellissimo San Demetrio (solo recentemente riscoperto), al mondo pittorico di una Venezia che aveva già abbandonato da tempo i freddi fondi oro, grazie a Giovanni Bellini e la sua rivoluzione pittorica.

La gamba tesa di Demetrio, il suo muoversi sul trono non più piatto delle icone, aprono  il giovane ventiseienne ad una rivoluzione morale (si convertirà al mondo cattolico, diventando un fervente credente) e artistica (crescente formato) che lo porterà a vendere in tutta fretta una Passione di Cristo per racimolare i soldi utili al viaggio per Venezia, aiutato dal fratello Manussos, alto funzionario del governo lagunare in territorio greco. Gli ultimi frutti di questa trasformazione (l’altarolo della Galleria Estense di Modena, le piccole tavolette della Pinacoteca Nazionale di Ferrara e l’altarolo di Atene) testimoniano il netto cambio di committenza e la sua assoluta novità e qualità.

A sinistra : Leandro Dal Ponte, detto Bassano, Ragazzo che accende una candela, Olio su tela - 60x50cm - Databile 1572-­1575 - Genova, Museo di Palazzo Reale. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo A destra : El Greco,  Ragazzo che soffia su un tizzone acceso (El soplón) - Databile 1570 - Olio su tela, 61x50,8cm - Madrid, Colección Colomer

A sinistra : Leandro Dal Ponte, detto Bassano, Ragazzo che accende una candela, Olio su tela – 60x50cm – Databile 1572-­1575 – Genova, Museo di Palazzo Reale. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo
A destra : El Greco, Ragazzo che soffia su un tizzone acceso (El soplón) – Databile 1570 – Olio su tela, 61×50,8cm – Madrid, Colección Colomer

Il suo arrivo a Venezia nel 1567 è lo scontro con il mondo occidentale. Se l’arte veneta gli era fino ad ora familiare solo per alcune opere giunte nelle isole greche, la sua permanenza in laguna gli permette di avvicinarsi alle fruttuose botteghe dei più grandi artisti viventi, da Tiziano a Tintoretto, da Veronese a Dal Ponte. Come scrive Isabella Panfido sul Corriere del Veneto: “da loro apprese la nuova maniera del dipingere, quella pittura senza disegno che attraverso il colore trasformava la luce in segno, che, sedimentata su un humus bizantino, avrebbe generato a breve il fenomeno unico e irripetibile della sua pittura”. E così ecco l’oculato paragone tra il San Francesco che riceve le stimmate (1570-71) in dialogo con quello realizzato da Tiziano negli anni ’20, o la straordinaria affinità nella scelta cromatica e nei soggetti dei Dal Ponte (detti Bassano) visibile nel celebre Ragazzo che accende una candela (El Soplón), tema più volte riproposto dal maestro. Pesa solo la grave mancanza dell’Annunciazione (1575) del Museo Thyssen – Bornemisza di Madrid, opera di Domínikos Theotokópulos evidentemente ispirata alla straordinaria Annunciazione del Tiziano per la Cattedrale di Treviso e unico collante dell’artista con la città veneta che ospita la mostra.

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Dopo alcuni ricchi anni a Venezia, intorno al 1570, El Greco giunge a Roma. È qui che Puppi dimostra tutta la sua levatura di grande uomo della ricerca e mettendo in mostra anche numeroso materiale documentario,  affronta il problema della raccomandazione di Giulio Clovio (di cui è presente il ritratto conservato a Londra) affinché il cardinale Alessandro Farnese accogliesse nella sua ristretta e selettiva cerchia di artisti anche Theotokópulos. La raccomandazione (esposta e riprodotta anche in catalogo) potrebbe però essere stata posteriore all’arrivo del nostro nell’urbe o addirittura posteriore ad un presunto Autoritratto che sbalordì il mondo capitolino. Molto probabilmente sceso a Roma insieme all’ambasciatore straordinario per la Serenissima, Giovanni Soranzo, in occasione della stipula della Lega Santa, El Greco mette in pratica, in questa città, ciò che ha compreso dalla grande scuola della Repubblica, unendo però al colore di Tiziano, all’impasto colloso di Tintoretto e ai virtuosismi dei Bassano, le architetture romane e le soluzioni degli Zuccari (come ben dimostra la Guarigione del Cieco della Galleria Nazionale di Parma).

Ma l’esperienza romana, per quanto arricchente, si conclude ben presto per il nostro, e come scrive Fabrizio Biferali sul Giornale dell’arte, l’artista greco si lascia alle spalle “veleni e strascichi polemici scaturiti dalle sue acide e inopportune critiche al «Giudizio» sistino di Michelangelo che, nonostante le censure in cui era incappato all’indomani della conclusione del concilio di Trento, era pur sempre un’opera realizzata sotto Paolo III, il nonno di quell’Alessandro Farnese che così generosamente lo aveva accolto nella sua famiglia”. Domínikos si trova così in un clima che gli è ormai ostile e decide di lasciare Roma per un lento, quanto proficuo, ritorno verso Venezia. Il pittore a differenza dei suoi contemporanei lascia le strade conosciute per affrontare territori artistici poco battuti, come l’Umbria ad esempio, una scelta che renderà il suo fare artistico ancora più originale e ricercato, arricchito anche da soggiorni a Parma (grande il rapporto con Parmigianino presente in mostra), Siena e Firenze e ancora Venezia prima della definitiva partenza per la Spagna dove risulta documentato fin dal 2 luglio 1577.

Dieci anni in Italia ricchi e fondamentali per la formazione del grande artista che l’Europa moderna ha celebrato con numerosi eventi espostivi in patria e nella Penisola iberica.

El Greco, Adorazione dei Pastori e Battesimo di Cristo - Olio su tela - 111x47cm - Databile 1600/05 - Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma (Foto credits Galleria Nazionale d’Arte Antica)

El Greco, Adorazione dei Pastori e Battesimo di Cristo – Olio su tela – 111x47cm – Databile 1600/05 – Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma (Foto credits Galleria Nazionale d’Arte Antica)

Questa mostra si pone come la fase finale di un dibattito circa un artista pienamente europeo, accompagnata da un breve, quanto discutibile, primo catalogo edito da Skira (in vendita alla cifra non meritevole di 30 euro) contenete un saggio introduttivo di Puppi dalla non semplice lettura e dalla notevole complessità e le riproduzioni delle opere in mostra senza nessuna scheda di catalogo (quale orrore!) e da una seconda discreta pubblicazione contenente invece i soli saggi del comitato scientifico con alcuni (solo alcuni) interventi di particolare pregio e qualità. Bello sarebbe stato realizzare un solo testo, sicuramente più corposo, ma anche più utile, essendo infatti entrambe le pubblicazioni rispettivamente incomplete senza la loro seconda metà.

Ancora più bello sarebbe stato poi se la mostra, dal così attento e accurato livello, non fosse stata ignobilmente sfregiata dall’inserimento a gamba tesa delle brutte Crocefissioni di Bacon e del disegno su cartone de Les Demoiselles d’Avignon di Picasso. Una operazione oscena che svilisce una mostra pensata e attentissima al particolare, con il vacuo, quanto ridicolo e spiazzante, tentativo di dimostrare la modernità dell’artista e la sua influenza sul contemporaneo con il continuo ricorso al già visto e al già conosciuto, distruggendo un armonia che lo chef Puppi aveva superbamente proposto.

Dopo sale dal gusto delicato e invitante della ricerca e dello scoprire per ipotesi e confronti filologici, dopo aver deliziato il palato del sapere con una mostra, non certo facile, ma bella proprio per questa sua sapida complessità, un altro chef ha distrutto, vilipeso e insultato l’armonioso insieme con tre enormi opere che, come aglio,  distruggono e cancellano in un secondo, due ore di gustosa esposizione. Viene da chiedersi: dov’era lo chef Puppi mentre colpivano il suo complesso lavoro? O forse anche lui ha accettato questa strizzata d’occhio trevigiana tanto vicina al fare diseducativo del compaesano Goldin?

a presto


FOTO DI COPERTINA: El Greco, Guarigione del Cieco – Olio su tela – 50x61cm – Databile 1571-1572 – Galleria Nazionale, Parma (Foto courtesy Galleria Nazionale)

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