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Toscana – Parigi. Crocevia nella Storia dell’arte.

In una storia dell’arte tutta concentrata ad esaltare i maestri, improvvisi innovatori come lampi nel buio,  troppo spesso ci si dimentica il necessario procedimento di comprensione del contesto, quasi che questi artisti innovassero il tessuto storico artistico spuntando dal nulla. Per decenni ciò è avvenuto anche nello studio di quel complesso e sgretolato mondo che anticipa le esperienze del Rinascimento, quando con un graduale distacco il mondo artistico italiano abbandonò la bidimensionalità di tipo arcaico e bizantino di epoca romanica. Tra la metà del tredicesimo secolo e i primi decenni del 14°, infatti, un’evoluzione delle forme artistiche si è svolta in Toscana, in particolare nel campo della scultura monumentale, sotto l’impulso di Nicola Pisano e della sua bottega, un cambiamento che testimonianza l’espressione di un gusto proto-rinascimentale, precursore del Rinascimento stesso, mettendo fine al Medioevo in Italia. “Le esperienze della scultura federiciana, trascritte in una accezione gotica e al contempo classica da Nicola Pisano, si comunicarono presto alla pittura determinando anche una ricerca di volume e corposità che, attraverso l’opera di Cimabue, fondatore di un nuovo e diffuso lessico figurativo, confluirono direttamente nelle prime esperienze assisiati del giovane Giotto”.

Ma cosa diede nuova linfa alle già innovative arti toscane? Cosa spinse gli artisti centro italiani ad abbandonare, anche nettamente, il mondo arcaico e bizantino?

Moulage en plâtre de la Vierge du bras nord du transept de Notre-Dame de Paris, Paris, milieu du 19e siècle © photo Charles-Hilaire Valentin

Moulage en plâtre de la Vierge du bras nord du transept de Notre-Dame de Paris, Paris, milieu du 19e siècle
© photo Charles-Hilaire Valentin

La mostra “D’or et d’ivoire. Paris, Pise, Florence, Sienne 1250-1320” (curata da Xavier Dectot e Marie-Lys Marguerite) ospitata nella sede secondaria del Louvre a Lens, fornisce un interessante punto di vista su queste nuove forme d’arte toscane ed esamina una delle sue maggiori influenze: l’arte contemporanea di Parigi. L’incontro con l’arte della capitale d’oltralpe ha, difatti, profondamente segnato il mondo toscano come dimostrano evidenti scambi formali tra l’arte parigina e quella centroitaliana soprattutto nel campo della scultura monumentale e dell’oreficeria.

La questione di scambio artistico in epoca gotica ha impegnato gli storici dell’arte dal 19° secolo, e rimane  tutt’oggi una questione particolarmente complessa. Lo studio di un possibile “trasferimento artistico” richiede la definizione di almeno due aree geografiche distinte, mettendo in discussione il concetto di identità culturale. In alcune sue opere Erwin Panofsky confronta arte francese e toscana nella metà del 13° secolo. A suo parere, i decenni tra il 1250 e il 1270 costituiscono la “cerniera” tra la dominazione dell’arte gotica e l’emergere di nuove forme, precursori del Rinascimento italiano, che egli chiama “proto-rinascimentali”. In quegli anni quindi il gotico interpreta contemporaneamente sia il ruolo di massima espressione artistica del periodo medievale, sia l’origine di quell’arte che potremmo definire proto-rinascimentale, con il suo ritorno ai principi dell’antichità. In molti hanno affrontato l’impatto dell’arte francese sulla creazione di un nuovo mondo artistico in Toscana, e spesso hanno messo in discussione la dualità delle fonti di Nicola Pisano. È effettivamente impossibile parlare di ‘discendenza artistica’, e tanto meno di un rapporto di dipendenza tra l’arte del centro Italia e quella della Francia nel 13° secolo. Si deve notare, tuttavia, che queste opere dimostrano certe affinità formali, che sollevano una chiara argomentazione riguardo l’esistenza di quello che i curatori della mostra francese chiamano “trasferimento artistico”, tra la Francia e l’Italia, fin dalla fine del 13° secolo, seguito da vere “conversazioni artistiche” dal 1300 in poi. Pertanto, la difficoltà non risiede nella realtà dello scambio, a questo punto effettivamente avvenuto, ma piuttosto nella definizione dei suoi contorni geografici e dei mezzi di trasferimento artistico. Propio su ciò la mostra di Lens sofferma la sua attenzione attraverso 125 opere francesi e italiane.

Tino DI CAMAINO, Vierge de l’Annonciation, Pise ?, avant 1315, bois, polychromie, Florence, Museo Stefano Bardini © Museo Stefano Bardini, Florence

Tino DI CAMAINO, Vierge de l’Annonciation, Pise ?, avant 1315, bois, polychromie, Florence, Museo Stefano Bardini
© Museo Stefano Bardini, Florence

Nel 13° secolo la Toscana era più un’entità culturale che una realtà politica, erede “spirituale” (mi si conceda il termine) dell’antica Etruria e della Tuscia Medievale. Si estendeva oltre i suoi confini attuali, da Piacenza a sud di Orvieto. Caratterizzata da un’alta densità di centri urbani che cercarono di mantenere la loro indipendenza, nei primi anni del 12° secolo, la zona divenne terreno fertile per le rivalità tra l’impero e il papato. Queste furono le radici dei mali che devastarono la Toscana per tutto il 13° secolo: la lotta tra guelfi (sostenitori del Papa) e Ghibellini (sostenitori dell’imperatore) divenne un pretesto per l’acuirsi delle tensioni tra città rivali, o anche all’interno di queste stesse città, tra famiglie rivali. In questa complessa scacchiera socio-politica, ogni centro urbano volle rafforzare il suo potere, sviluppando la propria economia. Pisa divenne una delle città portuali più importanti tra l’11° e il 13° secolo. Siena si sviluppò attraverso il sistema bancario, mentre Firenze divenne il centro delle grandi produzioni a carattere europeo. L’infrastruttura toscana era quindi caratterizzata da una fitta rete stradale che collegava queste città, garantendo anche il facile movimento attraverso le Alpi di prodotti alimentari, merci e persone. Mentre la Toscana divenne il centro economico europeo, Parigi era diventata la capitale del Regno di Francia, sotto Filippo Augusto (1180-1223).  Il re definì i suoi confini con una nuova cinta muraria e favorì la nascita di grandi centri scolastici e di un’Università. I suoi successori continuarono questa politica e grazie a efficienti infrastrutture che collegarono Parigi alle principali città europee (Firenze, Roma e Bologna) dal 1230 Parigi accolse una popolazione sempre più colta, aumentando la circolazione di testi, libri e spesso quella di artigiani, copisti e miniatori. La Corte inoltre favorì l’espansione degli ordini mendicanti di monaci francesi, che si diressero principalmente in Spagna e in Italia (cistercensi in particolare) portando con se il gusto tipicamente gotico, che influì nella costruzione della nuove sedi monastiche, in opposizione al mondo artistico cittadino caratterizzato da una vera e particolarmente preziosa arte di corte, protagonista del tessuto artistico parigino tanto da trasformare la città in uno dei principali centri europei del lusso.

Guido DA SIENA, Nativité, Sienne, vers 1275-1280, tempera sur bois, Paris, Musée du Louvre © RMN-GP (musée du Louvre) / René-Gabriel Ojéda

Guido DA SIENA, Nativité, Sienne, vers 1275-1280, tempera sur bois, Paris, Musée du Louvre
© RMN-GP (musée du Louvre) / René-Gabriel Ojéda

Mentre Parigi brillava in un fare artistico nuovo e moderno, il panorama artistico della Toscana del periodo differiva notevolmente. Nonostante alcune incursioni artistiche attraverso le Alpi, architetti e scultori continuavano una produzione fondamentalmente romanica, dove, se iniziava a spuntare un primo gioco di materiali e colori, lo stile scultoreo era invece rimasto piatto, iconico e legato agli antichi stilemi. Sarà solo l’arrivo di Nicola Pisano a sconvolgere il mondo toscano sia in architettura che nell’approccio scultoreo, già a partire dal suo lavoro per il Duomo di Pisa, forse proprio in virtù delle sue possibili origini meridionali dove il giovane scultore si avvicinò allo studio dell’arte classica in quella particolare chiave di lettura gotica propria dell’eta federiciana. Nicola porta nella Toscana di metà Duecento un nuovo interesse verso il mondo francese già attivo in area meridionale, che si concretizza, negli anni successivi, ad esempio nello studio e nella piena comprensione delle tecniche di oreficeria tanto da spingere il senese Guccio di Mannaia a inventare una nuova tecnica di smaltatura traslucida. Di fronte alle tendenze di Parigi, la scultura italiana si evolve in forme più voluttuose e meno lineari (si vedano proprio le opere di Nicola e del figlio Giovanni Pisano) e nel campo della pittura Cimabue cominciò a prendere le distanze dalla tradizione bizantina, che era ancora molto diffusa nella metà del 13° secolo, forse proprio guardando a quelle sculture frutto del nuovo influsso gotico francese.

Giovanni PISANO, Christ crucifié, Toscane, vers 1290-1300, ivoire, Londres, Victoria and Albert Museum © Victoria and Albert Museum, London

Giovanni PISANO, Christ crucifié, Toscane, vers 1290-1300, ivoire, Londres, Victoria and Albert Museum
© Victoria and Albert Museum, London

In conclusione tra il 1250 e il 1320, la grande facilità di trasporto di piccoli oggetti in avorio e oro, le caratteristiche politiche, economiche e commerciali di Parigi da un lato, e della Toscana dall’altro, così come l’esistenza di vie di scambio tra questi due centri, in combinazione con l’emergere di grandi personalità artistiche e di grandi potenze economiche, promossero il trasferimento artistico tra il gotico fiammeggiante di Parigi e le innovative opere emergenti a Pisa, Siena e Firenze. Questa assimilazione dell’arte d’oltralpe è stata studiata attraverso diverse monografie dedicate agli scultori italiani. Le loro opere non erano quasi mai copie dirette, ma frutto di una ispirazione piuttosto formale espressa in ambito scultoreo e iconografico (si veda il confronto tra le due vergini presenti in foto) . Spesse volte poi l’influsso francese si fece sentire, ancor prima che nelle forme, nelle tecniche di produzione, comprese dai toscani e a spesso profondamente modificate.

La storia dell’arte ha spesso studiato e messo in luce la misura in cui l’arte gotica è stata in grado di favorire, grazie al suo contatto con il mondo toscano, il primo Rinascimento. Fino ad oggi, tuttavia, poche mostre si sono veramente soffermate sui legami tra questi periodi. Un attento esame del lavoro dei Pisano (si veda il crocifisso di Giovanni Pisano in foto) dimostra, come abbiamo già detto, che Nicola rinnovò lo stile dei suoi predecessori, non solo grazie al suo rapporto con la scultura antica, ma anche attraverso il suo attento studio delle posizioni e dei panneggi della statuaria parigina di pochi decenni precedente. L’argomento della mostra è quindi davvero interessante, ma il trattamento non è sempre molto rigoroso: la produzione fiorentina ad esempio è rappresentata da quattro o cinque opere, certamente non le più importanti e non sempre i confronti sono riusciti (forse anche a causa di un allestimento troppo arioso e grande per dei piccoli pezzi come quelli scelti). Questa mostra e il suo catalogo (acquistabile qui) sono certamente un passo fondamentale nello studio di questo complesso rapporto tra mondo francese e toscano. Bello sarebbe se all’evento di Lens seguisse una riposta italiana.

A presto


FOTO DI COPERTINA: MASTER OF SANT’EUGENIO, The Annunciation, Siena, around 1316- 1348, illumination on parchment, gold and silver, Paris, Musée du Louvre, © RMN-GP (musée du Louvre) / Thierry Le Mage

 

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