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Storia, Arte, Archeologia: nuovo Museo Egizio.

Il 28 aprile dello scorso anno la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino scelse, tra un centinaio di candidati, come successore di Eleni Vassilika (giunta alla scadenza del suo mandato), il nuovo direttore dell’istituzione torinese: il giovanissimo (per gli standard italiani) Christian Greco. Mai scelta fu più lodevole e l’apertura del rinnovato Museo Egizio lo scorso mercoledi (1 aprile 2015) ha fornito ampia prova di ciò alla comunità scientifica internazionale, alla stampa e al grande pubblico. In meno di un anno Greco ha rivoluzionato il progetto di riallestimento di un museo il cui restauro architettonico era iniziato nel 2010 e che si sarebbe ora presentato al mondo come un’istituzione culturale di straordinaria importanza a livello europeo e mondiale. Greco, in collaborazione con la presidente della Fondazione Evelina Christillin e gli otto curatori nominati nell’ultimo anno grazie ad un bando pubblico, ha portato a compimento un piano di intervento iniziato nell’ormai lontano 2007, quando il progetto architettonico del Nuovo Museo Egizio firmato da Aimaro Isola, ISOLARCHITETTI, Dante Ferretti (scenografie), Paolo Marconi, Giancarlo Battista e Gabriella De Monte, risultò vincitore nella gara internazionale bandita dalla Fondazione in collaborazione con la Compagnia di San Paolo (principale sostenitore economico tra i diversi soci fondatori).

2015-03-31 09.56.45Il 1 aprile, con l’apertura ufficiale al pubblico delle nuove sale, Torino (ma oserei dire l’intera nazione) ha vinto una straordinaria sfida: quella di far coesistere un cantiere da 50 milioni di euro, tra i più grandi in Europa, senza chiudere, neppure un giorno, il Museo al pubblico. Una scelta contro corrente che ha addirittura premiato il museo con un aumento di pubblico.

Il progetto della nuova sede museale s’inserisce e prosegue la storia culturale dell’edificio attribuito a Guarino Guarini (1624- 1683) ne arricchisce e porta a compimento i significati e le funzioni che si sono succedute nel tempo: Collegio dei Gesuiti, sede dell’Accademia delle Scienze, Museo di Storia Naturale e Galleria Sabauda (ente che ha abbondonato l’antico edificio per riaprire, nel dicembre 2014, negli straordinari spazi della Manica Nuova di Palazzo Reale, divinamente restaurati dallo studio Albini).

Un accurato lavoro filologico e l’uso delle più avanzate tecnologie hanno permesso di portare alla luce i valori espressi dalla cultura sabauda anche aldilà dei propri confini.
Ai volumi storici dell’originario Museo e della preesistente Galleria Sabauda, recuperati e restaurati per le funzioni espositive, il progetto ha aggiunto tre nuovi piani, scavati al di sotto dell’area cortilizia, per dare ampio respiro ai servizi dell’accoglienza, alle centrali tecnologiche, a nuovi depositi e officine, ha ricercato altri spazi sopraelevando il fabbricato di via Duse per un suggestivo roof-garden, ha recuperato tutti i sottotetti per le più sofisticate dotazioni impiantistiche.

Un restauro quindi, che ha totalmente trasformato non solo l’edificio ma anche, e soprattutto, la concezione museografica dell’ente fondato del 1824. Infatti, per far fronte alla sua storia, ormai bicentenaria, il Museo torinese ha affrontato un imponente progetto di rifunzionalizzazione, ma è lecito interrogarsi sul perché un’istituzione museale debba rinnovarsi e su quali siano stati i principi attorno ai quali questo rinnovamento si è sviluppato. “Il riordino di un museo implica necessariamente un ripensamento radicale” afferma il direttore Greco.

Il peso e il ruolo che gli oggetti assumono nel tempo, le relazioni che intrattengono con il corpo più vasto delle collezioni, il significato che assumono nella percezione del pubblico sono un campo di valori mutevoli che richiede uno sforzo interpretativo costante, consapevole del passato ma anche aperto e disponibile alle istanze del presente. Il significato dato a una collezione e alla sua organizzazione varia il proprio linguaggio e le proprie finalità scientifiche con il mutare della cultura nel tempo: coloro che sono incaricati del nobile e gratificante impegno di riorganizzare l’allestimento di una collezione importante come quella torinese, si devono dunque concretamente domandare come il museo e la sua collezione possano essere rispondenti agli attuali criteri scientifici della ricerca ed alle mutate esigenze intellettuali del visitatore”.

Un intervento che ha portato il museo a perdere totalmente il suo ruolo di semplice collezione di reperti per divenire vero museo archeologico, che espone non più l’intero corpo di reperti in dotazione al Museo ma solo una parte, rendendo il percorso scientifico maggiormente incisivo e totalmente conforme alle nuove concezioni museografiche. Ma il direttore e i curatori hanno ovviamente scelto di non dimenticare e cancellare la storia della stessa istituzione dedicando le prime sale alla storia delle collezioni, del loro assembramento e degli storici direttori che si sono susseguiti a capo di questa gloriosa istituzione (scelta che si riflette anche nella saggia scelta di mantenere una parte degli storici allestimenti all’egiziana di ottocentesca memoria).

Un museo che ormai esiste da 200 anni ha deciso di dare dignità alla sua metastoria e di raccontare la sua evoluzione all’interno del contesto storico politico dell’ Europa. E questa storia non vuole essere una sommatoria di elementi astratti, ordinati secondo un criterio cronologico, ma un racconto prosopografico, la storia di donne e uomini che hanno contribuito a formare, studiare e dare valore alla magnifica collezione che custodiamo. L’allestimento quindi ricostruirà contesti cultuali e abitativi e corredi funerari ma anche la storia delle missioni, la loro organizzazione, il loro modo di operare. È per questo che documenti dell’epoca troveranno posto nel nuovo allestimento, che riporterà anche visivamente l’Egitto nelle sale. I rapporti tra i diversi reperti non saranno sottolineati solo all’interno della collezione torinese: i legami storici e la rete di collaborazioni scientifiche con gli altri enti museali, nazionali ed internazionali, troveranno un significativo spazio all’interno del Nuovo Museo Egizio: uno dei più importanti obiettivi è dunque ricomporre i disiecta membra sparsi tra le collezioni nazionali e internazionali in modo tale che siano valorizzati e ricomposti i contesti archeologici e storici degli oggetti”.

Il nuovo museo egizio di Torino, ricco d’innovazioni tecnologiche (ricostruzioni 3D, video introduttivi, video guide, traduttori automatici di geroglifici) si presenta non come luogo di emozione ma come straordinario luogo di ricerca. Il curatissimo allestimento scientifico, seguito da giovanissimi ricercatori italiani e stranieri, è la prova che l’alta qualità scientifica può emozionare il grande pubblico senza bisogno di eliminare il rigore necessario per un Museo che vuole presentarsi non come semplice raccoglitore di reperti ma come luogo ultimo di lunghe e serie campagne di studio. Una biblioteca che occupa circa un quarto dell’edificio, i grandi laboratori di restauro, le collaborazioni con i Musei Vaticani, il Museum of Fine Arts di Boston, il Neues Museum di Berlino e le Collezioni Egittologiche del Sistema Museale dell’Università di Pisa, la riunione del ghota dell’egittologia internazionale nel pomeriggio del 31 marzo 2015, la partenza nel prossimo mese di maggio della campagna di scavo nella necropoli di Saqqara in collaborazione con il museo egizio di Leiden (di cui Greco è vicedirettore dal 2011), sono prova del fatto che il nuovo Museo Egizio, sotto la guida di un direttore attento, preciso, competente e preparato non sarà uno squallido scatolone mercimonio delle stupore, ma vero Museo vivo e culturalmente “infettivo”.

2015-03-31 09.55.33In questo tripudio di positività una piccola macchia sporca il candore della seconda collezione egizia al mondo. Durante la mia permanenza a Torino per questa inaugurazione (che ho condiviso con voi grazie ad una lunga diretta Instagram e Twitter attraverso gli hashtag #RòalMuseoEgizio e #egizio2015 e una corposa Newsletter partita il 2 aprile scorso) ho deciso di fingermi vero giornalista chiedendo ai passanti della torinese Piazza San Carlo se e cosa sapevano del nuovo Museo Egizio. Nonostante le mie domande fossero rivolte al pubblico sotto la grande clessidra, conto alla rovescia offerto dalla straordinaria Compagnia di San Paolo, pochissimi sapevano che il Museo apriva con un nuovo allestimento e spazi ampliati. Specie i più giovani nemmeno erano a conoscenza del grande progetto di restauro. Mario di sessantasette anni, piemontese da generazioni e torinese dall’età di 2 anni, mi ha addirittura confessato di non aver mai visitato il museo, perché spaventato dalla complessità della materia. L’ho invitato a recarsi al museo nei prossimi mesi e a scrivermi dopo averlo visitato per conoscere la sua opinione. Come lui, circa 15 delle 23 persone da me fermate, nulla sapevano o addirittura mai avevano visitato il museo, definito da una signora addirittura: “ricettacolo di polvere”. Come ha dichiarato il direttore durante la conferenza stampa, alla presenza del ministro Dario Franceshini, “il nuovo allestimento della collezione costituisce non un punto di arrivo ma di partenza. Arrivare a questo obiettivo è stato reso possibile grazie al lavoro, alla passione, all’entusiasmo e al senso del dovere di tutte le donne e gli uomini che lavorano al Museo Egizio e che, d’ora in poi, saranno chiamati a rendere “grande” questa nostra Istituzione”. Il punto di arrivo sarà l’arricchimento culturale dei torinesi e del più ampio pubblico possibile. Se la bellezza salverà il mondo, la conoscenza di questa lo consoliderà. E il Nuovo Museo Egizio è sulla giusta via per farlo.

A presto


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