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Blogger: Kunst, appunti di Mario Cobuzzi

La chiusura forzata di Mostre-Rò negli scorsi mesi mi ha portato ad una lettura assidua di quelli che dovrei definire i miei concorrenti, ma che considero invece straordinari punti di ispirazione. Ho pensato quindi fosse interessante fare conoscere ai lettori di questo mio indegno Blog i protagonisti di un ambito (quello dei blog d’arte per l’appunto) che si sta facendo sempre più interessante e di qualità. Ecco allora le interviste intitolate BLOGGER che nelle prossime settimane ci terranno compagnia.

Ho conosciuto Mario Cobuzzi per puro caso, mentre ero alla ricerca nel “mare magnum” di internet di uno sito web che parlasse di storia dell’arte (quella vera). Il primo articolo che lessi mi entusiasmo subito. “Per una storia dell’arte locale” riassumeva tutto quello che da mesi pensavo circa lo studio e la “valorizzazione” del patrimonio nazionale formato da tanti piccoli tesori nascosti e dimenticati ai più. Ho iniziato a seguire KUNST immediatamente e successivamente a contattare tramite facebook lo stesso Mario, con il quale mi accomunava la città di Foggia, sua città natale e mia d’adozione. Ho conosciuto per la prima volta un vero appassionato di storia dell’arte con il quale confrontarmi (e conoscete l’importanza di ciò per un aspirante storico dell’arte) e documentarmi, è quindi un onore per me poter ospitare questa intervista su Mostre-Rò. Buona lettura.

Come e quando nasce la voglia di creare un blog di Storia dell’Arte?

Ti rispondo partendo un po’ da lontano: dal fatto che io ho sempre avuto una gran voglia di scrivere di storia dell’arte, fin dal secondo o terzo anno di università. Questa voglia troppo precoce mi ha portato a scrivere un po’ di cose mediocri di cui mi vergogno parecchio, e che se potessi cancellerei seduta stante: per evitare brutte figure non ti indicherò gli url, ma diciamo che non sono poche le librerie online con mie vecchie e penose “recensioni”.

Comunque sia, una delle cose che più avrei voluto era un blog collettivo: un luogo dove potessero parlare più voci diverse e in cui potessero confrontarsi sensibilità e specificità distinte; nel 2011 questa mia speranza sembrò concretizzarsi quando delle studentesse della Sapienza aprirono un blog collettivo di storia dell’arte: io scrivevo post di storia della critica d’arte (cinque o sei, che poi ho riciclato, riveduti, su Kunst). Ma poi tutto si rivelò una cosa senza serietà, mi trovai solo a pubblicare, e le “cape” decisero infine di chiudere tutto.

E a quel punto, a fine 2011, ho deciso che chi fa da sé fa per tre. Così nacque Kunst: da una grossa delusione.

“Kunst, appunti di storia dell’arte di Mario Cobuzzi” si presenta, fin dal sottotitolo, come un blog caratterizzato da una forte impronta personale. Qual è il tuo obiettivo?

Una delle cose più difficili è stata trovare il nome per il blog: un qualcosa di più o meno efficace proprio non mi veniva. Comunque Kunst è un rimando alla storia dell’arte di area tedesca: la storia della critica d’arte è una delle mie fisse, quindi voleva essere un piccolo omaggio ai vari Wölfflin, Warburg, Panofsky, un modo per stabilire un legame.

Il resto l’ho scelto per onestà: per dire che quelli che leggete non sono altro che pensieri trascurabili di un certo tizio che un giorno si è svegliato e ha aperto un blog; e che quei pensieri non sono altro che semplici “appunti”: non ho certo da insegnare niente a nessuno.

Il mio obiettivo è semplice: scrivere di storia dell’arte, una delle cose che più mi piace fare, e condividere quello che scrivo. Che poi le cose che scrivo piacciano o meno (generalmente piacciono, e la cosa mi rende molto contento), o che abbiano molta o poca visibilità, ecco, queste le considero questioni secondarie.

Come vedi il rapporto tra una materia che dovrebbe possedere un alto rigore scientifico come la Storia dell’Arte e le nuove tecnologie di comunicazione? Non serpeggia costante il rischio di una banalizzazione dei contenuti ?

Certamente, il rischio della banalizzazione è sempre dietro l’angolo, specie con uno strumento di comunicazione per sua natura “veloce” come Internet. Per fare due esempi: il nuovo “progetto” delle opere d’arte di Jean van Eyck o Leonardo presentate in un minuto su You Tube o, su Twitter, #140art, artisti e opere presentate nello spazio di un tweet, idea partorita dalla mente contorta del mai troppo disprezzato Vittorio Sgarbi.

Il problema è che in Italia la divulgazione è spesso e volentieri banalizzazione, non solo su Internet: pensa a Flavio Caroli, quello che per me è il Signorini della storia dell’arte, che a “Che tempo che fa” si dedica a Boccioni e Balla per poi parlare di quanto era playboy il primo, o che decide di parlare del Cubismo sbandierando il concetto di spazio-tempo per tutta la puntata senza mai provare a spiegarlo una buona volta!

In un mondo come quello del web dove gli utenti, continuamente sotto il fuoco delle notizie e delle “mezze notizie” specialistiche, devono scegliere tra migliaia di siti (alcuni di dubbia, se non pessima, qualità) perché scrivere e offrire un blog con un taglio specialistico di alta qualità?

Beh, innanzitutto spero di riuscire davvero ad avere la qualità di cui parli. In ogni caso ti ringrazio, troppo buono!

Il punto è che io non conosco un altro modo di scrivere di storia dell’arte, di affrontare la storia dell’arte: è una disciplina, questa, così complessa, sfaccettata, ricca, e non meno affascinante, che affrontarla in maniera poco seria equivale a tradirla – e in Italia i divulgatori televisivi spacciatisi per storici dell’arte l’hanno tradita costantemente.

“La Storia dell’Arte sta velocemente uscendo dall’orizzonte morale e intellettuale dell’élite del paese” Quando i giornalisti dei principali quotidiani nazionali sono costretti a occuparsi di arte “hanno rivelato un incredibile imbarazzo nel maneggiare i concetti elementari di questa materia così connaturata all’identità culturale italiana: un imbarazzo assai superiore a quello con cui vengono trattate la storia o la letteratura. Le attribuzioni, ad esempio sono viste come pratiche magiche e la situazione sociale degli artisti del passato viene immancabilmente tradotta in una aneddotica da bar sport” (T. Montanari) Credi che i blog si stiano sostituendo ai quotidiani nazionali che si occupano d’arte solo in termini sensazionalistici evitando qualsiasi VERA recensione o critica alla mostre evento che invadono l’Italia?

Se a sostituire i giornali nel fare informazione storico artistico sono blog seri come Mostre-Rò o, per esempio, Storie dell’arte, ben venga la sostituzione. Ma credo che per giungere a questo risultato ci vorrà ancora molto tempo: per quanto si dica che la carta stampata è in crisi, secondo me i giornali rimangono ancora uno degli strumenti principali per quel che riguarda la formazione delle idee nell’opinione pubblica – non per niente i quotidiani sono tutti o quasi in mano ai partiti. Io credo che si dovrebbe puntare a un qualcosa di più semplice e di effetto sicuro: sui giornali ci devono scrivere, quando si parla di arte, gli storici dell’arte; e non, ovviamente, gli storici dell’arte da prima serata televisiva, ma i tanti studiosi seri di cui questo Paese è ancora ben pieno – non per niente Montanari collabora regolarmente un quotidiano. Per esempio, quando qualche tempo fa venne fuori la bufala dei disegni di Caravaggio, i direttori dei giornali l’articolo sull’argomento l’avrebbero dovuto far scrivere a qualche specialista di Caravaggio.

D’altronde la collaborazione degli storici dell’arte con la stampa, in passato, era cosa normale: gli articoli di Argan e Briganti sull’Espresso e La Repubblica erano piccoli pezzi di eccelsa e genuina critica d’arte.

Mario Cobuzzi e la sua invidiabile libreria

Mario Cobuzzi e la sua invidiabile libreria

6) In un recente libro (che entrambi conosciamo molto bene) dal titolo: “A COSA SERVE MICHELANGELO ?”, Tomaso Montanari, professore associato di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università Federico II di Napoli, nonché blogger per “Il fatto Quotidiano” ha definito la storia dell’arte come una materia strumentalizzata dal potere politico e religioso, banalizzata dai media, sfruttata dall’Università, escort di lusso della vita pubblica. In questa situazione perché scegliere ancora di scrivere e studiare storia dell’arte? Cosa possono fare i blog (e i nuovi sistemi di comunicazione) per cambiare le cose?

Mi verrebbe da dire: ben poco.

Al di là delle facili battute disfattiste, credo che quello che noi blogger nel nostro piccolo possiamo e dobbiamo fare è, semplicemente, far bene il nostro mestiere di blogger che si occupano di storia dell’arte: dunque non cedere alle banalizzazioni, affrontare la disciplina in una maniera che rimanga seria e rigorosa, e essere intellettualmente onesti – se una mostra o un libro sono da evitare come la peste, lo dobbiamo scrivere chiaro e tondo.

Quindi scegliere di scrivere in maniera seria e onesta di storia dell’arte credo sia un fatto etico.

Tra tutti gli articoli che hai scritto (per i quali ti rifaccio pubblicamente i complimenti) qual’è quello che ti ha dato più soddisfazione?

Grazie! Onestamente non saprei dirti: in generale, quando passa un po’ di tempo, i miei post (non oso chiamarli articoli) non mi piacciono più. Alcuni li cancellerei senza pensarci due volte. Però, alla fin fine, li considero tutti figli miei, quindi voglio bene un po’ a tutti.

Poi sì, ci sono post a cui tengo particolarmente perché sono stati dei piccoli sassolini che mi sono tolto dalle scarpe: ci tenevo davvero molto a spiegare perché, dal mio punto di vista, le teorie di Renato Barilli sull’arte contemporanea sono parziali e insufficienti o i motivi per cui le proposte di Philippe D’Averio per la tutela del patrimonio culturale sono delle grosse idiozie.

Quelli che mi soddisfano di più sono però i post in cui si apre uno scambio proficuo col lettore (non polemiche sterili, quindi). Per esempio, quando pubblicai il post sulla Fortezza Angioina di Lucera, un gioiello meraviglioso lasciato in uno stato d’incuria desolante, scrissi una fesseria enorme: scambiai dei resti chiaramente romani per angioini. A farmi scoprire la fesseria fu una persona di Lucera che venne, in maniera molto cortese, a commentare.

Stesso dicasi quando pubblicai un post su Filippo Lippi, poco tempo fa: confusi l’applicazione dell’argento per la pratica della doratura. A farmi scoprire la confusione terminologica è stato il commento di una studiosa.

Ecco, quando posso imparare qualcosa dai miei lettori, o quando con loro posso aprire un dialogo proficuo, divento soddisfatto di Kunst.

Hai un argomento al quale ti sei affezionato particolarmente?

Il mio “problema”, ce così può chiamarsi, è che sono pochissimi i periodi di tutta la storia dell’arte che non mi interessano. Quindi in generale spazio in lungo e in largo, e nel corso degli anni ho creduto più volte di aver trovato il mio ambito specifico, per poi cambiarlo: inizialmente l’Ottocento francese, poi il Novecento fino all’Espressionismo Astratto compreso. In questo momento mi sono fissato col primo Quattrocento, non leggerei altro che non riguardi Masaccio e il Beato Angelico: ma forse tra due mesi scoprirò, per dire, qualcos’altro che li sostituirà nella lista delle precedenze. Infine c’è la storia della critica d’arte che rimane uno dei campi di questa disciplina che più mi coinvolge.

Per dirti: nell’ultimo mese ho studiato libri su Boccioni, Beato Angelico, Wharol e Donatello; adesso sto finendo L’arte classica di Wölfflin, un tentativo di definire l’arte del primissimo Cinquecento.

Cosa ti ha dato il tuo blog e cosa speri di dare attraverso il tuo lavoro?

Non vorrei sembrare retorico e falso, ma la cosa più importante datami dal blog è stata l’opportunità di conoscere un sacco di belle persone: professori, restauratori, studenti, gente con cui ho instaurato un dialogo che mi ha fatto crescere. Gente che mi ha reso meno pessimista: ho capito che in Italia non ci sono solo i Vittorio Sgarbi.

Poi, sai, io vivo in una cittadina di provincia, Foggia, che occasioni per avere scambi culturali, e più specificamente artistici, ne offre pochissimi. Quindi Kunst mi è servito, diciamo così, a sentirmi meno solo.

Progetti futuri?

Innanzitutto riprendermi da un piccolo problema di problema di salute per poter tornare a vedere musei e mostre: sono in astinenza da troppo tempo! Poi finalmente riuscire a prendermi la laurea triennale (sappiate i post che leggete li scrive un ciuccione fuori corso di anni) e soprattutto completare la tesi, a cui tengo molto. E infine valutare se la mia delusione nei confronti della Sapienza è grossa abbastanza da spingermi a trasferirmi alla Federico II di Napoli, che mi attira specialmente per Francesco Caglioti.

E poi, ovviamente, continuare a studiare la storia dell’arte per conto mio e scrivere su Kunst tutte le idee storico artistiche che mi passano per la mente.

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